Liberamente tratto da "Uno Scherzetto" di Anton Cechov
L’uomo contemporaneo digerisce le immagini che gli vengono continuamente somministrate senza possibilità di scegliere. Tendiamo ad abituarci a non essere critici nei confronti di quello che ci viene proposto. Lo sguardo ha perso il tempo e lo spazio per essere attento.
Il Teatro delle apparizioni negli ultimi quattro anni si è impegnato nella ricerca di nuove possibilità cognitive stimolate dal desiderio di osservare, di entrare nei particolari, di dedicare il giusto tempo, di restituire la dimensione ideale ad una migliore percezione.
Da qualche tempo, nei nostri spettacoli, soffermiamo la nostra attenzione sulla forza espressiva dell’immagine e sulla sua capacità di contenere storie.
Ogni immagine ontologicamente soffre la mancanza di un passato e di un futuro, e questo limite, che ne costituisce l’essenza, ci offre una possibilità di indagine e di scoperta al di là dei suoi confini. Da qui la voglia di raccontarne le storie.
Raccontando storie, che non soccorrono l’immagine, non ne forniscono il contesto, ma ne svelano i segreti, ne modificano i rapporti interni e producono echi, se ne riattivano le possibilità sprecate, la capacità di compiere lavoro, in una parola: l’energia. E questa energia, una volta riattivata, obbliga l’osservatore, ma sarebbe più corretto dire: lo spettatore, a ripensare l’immagine, a muoverla, e soprattutto a vederla muovere, sulla spinta degli stimoli ricevuti. Così l’attore e lo spettatore insieme ne ritrovano il senso – o lo inventano, che è lo stesso.
Rendono l’immagine una visione.
In questa linea di ricerca, è avvenuto un incontro imprevisto. L’incontro con Cechov. Con i suoi racconti, soprattutto. E nei suoi racconti non ci sono immagini, ma visioni. Per questo, a volte, alcuni appaiono come pochi riusciti, altri folgoranti: perché le immagini possono essere più o meno belle, supportate come sono dal senso estetico, invece le visioni non hanno supporti.
È solo il punto d’arrivo che le giustifica.
La visione di Cechov con cui abbiamo scelto di misurarci, è una visione che si trova custodita come una gioia in un piccolo cofanetto, o come direbbe lui, in Uno scherzetto.
spettacolo per platea
Durata: 30 minuti
spazio scenico: minimo 5m x 7m x 3m (h); completamente oscurabile; quadratura nera.
impianto luci: 1 domino; 1 pc da 500 w; 4 pc da 1000 w (piazzato).
impianto audio: microfono, se la rappresentazione è all'aperto
tempo di montaggio: 1 ora
tempo di smontaggio: 10 minuti