Liberamente tratto da "Le città invisibili" di Italo Calvino
Arrivando da lontano la città è una meta.
L’uomo è attratto dalle luci, dal calore e dalla vita che immagina vi sia all’interno.
Le città sono state e sempre saranno un insieme di tante cose: di memoria, di desideri, di segni d’un linguaggio; sono luoghi di scambio di merci, di parole e ricordi.
Con questo nuovo lavoro il teatro delle apparizioni propone un’idea di città senza tempo, dove si svolga inevitabilmente una riflessione esplicita o implicita sulla città contemporanea.
L’uomo che abita la città di oggi è un individuo autonomo e autodeterminato; un individuo mobile, conflittuale, la cui identità è segnata dal consumo, dalle mode, dalle opinioni. Un’identità labile, leggera, superficiale. In definitiva l’uomo contemporaneo è un uomo solo, che sa di bastare a se stesso.
Questo lavoro nasce dal timore dell’insorgere di un individualismo estremo, che rifugge continuamente da responsabilità collettive e interessi generali. Alla luce di questo il teatro delle apparizioni dà la possibilità agli spettatori di sentirsi abitanti delle “città invisibili”. Ma tali solo per gli occhi che troppo spesso ci regalano l’illusione di certezze incrollabili. Un viaggio sensoriale quindi, teso a ridefinire gli spazi collettivi che stimolino le relazioni umane, riequilibrando il rapporto fondamentale tra l’individuo e la città in cui vive.
Un gioco serio, come vita vera; un evento reale. Si arriva da lontano e si entra per perdersi, conoscere, trovarsi, e una volta dentro tornare sarà come sempre diverso.