Vent’anni di Teatro delle Apparizioni, con lo sguardo sempre nuovo dei bambini

Vent’anni di Teatro delle Apparizioni, con lo sguardo sempre nuovo dei bambini

Dialogo a ritroso con Fabrizio Pallara per celebrare il ventennale della compagnia romana che fa del teatro di figura il suo linguaggio, alla costante ricerca di un dialogo con il pubblico di tutte le età.

di Lucia Medri

Nata vent’anni fa come una delle compagnie di ricerca emergenti attive a Roma, il Teatro delle Apparizioni si dedica sin dagli esordi alla sperimentazione attorno al teatro sensoriale, invitando lo spettatore a immergersi in una nuova esperienza. «Quando andavo a vedere uno spettacolo – dice Fabrizio Pallara – ciò che mi respingeva era la percezione di una distanza che mi allontanava da ciò che stava accadendo in scena, e volevo colmarla avvicinando lo spettatore». La fase giovanile del gruppo – il cui embrione fondativo è costituito da Fabrizio Pallara regista, drammaturgo e ideatore degli allestimenti insieme all’altra anima storica, la scenografa, e compagna, Sara Ferrazzoli – muove i primi passi all’Aula Columbus, spazio fornito dall’Università di Roma Tre ha poi finanziato la produzione dei primi lavori. La ricerca è volta a creare un disequilibrio profondo tra la platea e il palco spingendo all’estremo le condizioni di fruizione e partecipazione: La favola prevedeva all’epoca dodici artisti in scena e uno spettatore in sala. «Lo spettatore per noi diventava sacro» e lo testimoniano anche lavori come Frammenti di buio d’ombre (2000), Progetto “Città invisibili” (2002), Danza con me (2003). Da una pratica alla quale non interessava rendersi sostenibile e “provata” in spazi non convenzionali, si passa alla maturità nel 2003 con la partecipazione a Scenario, lo spettacolo finalista Il paese dei sussurri, è forse il primo spettacolo per ragazzi. «Lo dico sempre con una certa difficoltà che la nostra è una compagnia di teatro ragazzi, credo che facciamo teatro per un pubblico non solo di bambini ma anche di adulti. L’uno ha bisogno dell’altro per decodificare ciò di cui fa esperienza». Di questo periodo, sono gli spettacoli L’omino di carta e Il giocattolo con i fili del 2007 e Uno del 2008. Il 2008 è l’anno dell’incontro con Valerio Malorni attore e drammaturgo che firmerà insieme a Pallara Il tenace soldatino di piombo – Un film da palcoscenico (2013), La mia grande avventura (2016), Kafka e la bambola viaggiatrice (2019). Due anni dopo, nel 2010, sarà la volta dell’ingresso di Sara Ferrari, altra figura fondamentale per la produzione e l’organizzazione della compagnia. «Ci dimentichiamo che il bambino può andare a teatro solo con l’adulto, e l’adulto che va a teatro col bambino è uno spettatore speciale, perché vive dell’emozione della relazione che permette di far risuonare insieme le rispettive sensibilità». Su questo binomio si dispiega la poetica del Teatro delle Apparizioni, rivolta a due mondi in costante crescita, che hanno bisogno di apprendere mutualmente. Del 2015 è il riconoscimento dell’Eolo Awards per Il tenace soldatino di piombo-Un film da palcoscenico prodotto con il Teatro Accettella (Teatro Stabile di Innovazione) come miglior spettacolo di teatro di figura. Dopo Roma, Udine è la seconda casa della compagnia che trova da anni nel Css Teatro Stabile di Innovazione del Friuli Venezia Giulia un interlocutore e produttore di progetti specifici (La mia grande avventura, 2016 e Kafka e la bambola viaggiatrice, 2019). Il dialogo intessuto con la capitale invece, è costellato di collaborazioni condotte negli anni insieme alle scuole e a realtà come Area 06, Ztl_pro, Teatro Valle Occupato, Angelo Mai, Pav, Carrozzerie Not e Romaeuropa Festival. Con il nuovo corso inaugurato al Teatro di Roma da Giorgio Barberio Corsetti e Francesca Corona: «Siamo stati chiamati a continuare il nostro ragionamento sulla relazione scenica e ci sentiamo parte di un mosaico di artisti e idee». Per questa stagione la compagnia ha all’attivo la rassegna Voce Parole di teatro di narrazione al Teatro Argentina, «emblematica della nostra pratica», Contemporaneo Futuro, festival di teatro per le nuove generazioni e Domeniche Indiane, nate dalla curatela estesa anche ad altri artisti e collaboratori: «Un’occasione questa per tornare agli esordi e rompere gli schemi», per abitare gli spazi del Teatro India coinvolgendo adulti e bambini non come spettatori ma ospiti. «Uno spazio pubblico dove passare una giornata domenicale in cui le famiglie, e non solo, si mescolano e conoscono». Nei prossimi mesi, un ulteriore progetto fuori formato abiterà il Teatro Torlonia per tre domeniche affidando a sette performer uno spazio specifico aperto all’esplorazione di partecipanti spettatori che contribuiranno a un’idea d’azione per un personaggio, tra improvvisazione e relazione. «Una narrazione che inizierà in un modo e terminerà in un altro. O non terminerà affatto… vedremo!».

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