Incubi

dagli 11 anni e adulti

ideato e diretto da FABRIZIO PALLARA
con PAOLA CALOGERO, VALERIO MALORNI, MARIA ZAMPONI
musiche FEDERICO FERRANDINA
scene FABRIZIO PALLARA e SARA FERAZZOLI
costumi CARLA MARCHINI
ass.regia FRANCESCO PICCIOTTI
ass.costumi SILVIA GAMBARO
maschere GIANCARLO SANTELLI
voce ALEXA DE LOS REYES

gruppo di lavoro nelle scuole FABRIZIO PALLARA, ROBERTA ORTOLANO, SARA FERRARI

produzione TEATRO DELLE APPARIZIONI e TEATRO LE MASCHERE
con il contributo di GRUPPO MAZZILLI S.R.L , DADAS S.R.L, ARTI GRAFICHE AGOSTINI S.R.L

Una notte serena, il verso dei grilli, il sonno tormentato di tre preadolescenti che si spezza improvvisamente lasciando entrare lo spettatore in una dimensione misteriosa. ”Incubi - l’età dell’incertezza” non è solo un viaggio nell’onirico, nel mondo notturno e sorprendente dell’incubo, è soprattutto una ricerca, una tensione verso l’età nascosta e affascinante della preadolescenza, un’età che ci conduce alla crescita, che racchiude passaggi segreti e che continuamente negandosi alla comprensione ci afferra e ci stupisce.
Un percorso cominciato da un’inchiesta nelle scuole, dal confronto con i ragazzi che hanno raccontato senza timore e con generosità le loro paure, i loro incubi più intimi.
Incubi che lentamente hanno preso corpo e sono stati trasformati in immagini, suoni, parole, oggetti e danze, per costruire un racconto che è diventato un viaggio e l’esplorazione di un momento di passaggio, di una trasformazione che diventa anche mutazione dello spazio scenico. L’incapacità di esprimere le proprie emozioni, il timore del giudizio, la mancanza d’ascolto, l’inadeguatezza, la paura della violenza diventano così elementi di un’avventura piena di apparizioni. Mostri da affrontare, stanze che diventano boschi, saluti che sono abbandoni, corse infinite…
Gli incubi s’intrecciano, si fondono, nel loro linguaggio assurdo e spaventoso, si trasformano in luci, ombre e figure e a tratti si confondono con le paure e le inquietudini che non appartengono più solo all’adolescenza. L’età dell’incertezza si moltiplica in una danza senza età, in un incontro che diventa di umanità.

“È stato un viaggio che ci ha riportato indietro nel tempo, un percorso a ritroso per arrivare alla nostra preadolescenza, ai nostri primi rossori e alle nostre prime battaglie per essere e per diventare. Gli incubi di questi ragazzi si sono fusi con il ricordo dei nostri, con il nostro ricordo di quell’età. E così abbiamo cercato di raccontare questa condizione di passaggio: l’età dell’incertezza, biologica per loro, storica per noi adulti. E se loro sono ancora in trasformazione, non sono “né carne né pesce”, anche noi dobbiamo affrettarci a capire se respirare con le branchie o con i polmoni per farci ancora battere il cuore, unica bussola per trovare la strada”. (Fabrizio Pallara)

La nascita di “Incubi – l’età dell’incertezza”: una breve storia

L’INCHIESTA
10 incontri in 5 classi di 5 scuole romane


I L
- S.M.S. San Benedetto succursale Via dei Faggi

II H - S.M.S. J.J. Winckelmann

II G - S.M.S. Giuseppe Bagnera

III B - S.M.S. Istituto comprensivo di Viale Adriatico

II E - Istituto di Stato per la cinematografia e la televisione "Roberto Rossellini"

Il percorso di ricerca che ha portato alla realizzazione dello spettacolo è partito nell’ottobre del 2009 con un’inchiesta in alcune classi sul tema delle paure e degli incubi vissuti durante la preadolescenza.
Un totale di dieci incontri durante i quali è stato avviato un dialogo con i ragazzi per cercare di conoscere e capire il loro punto di vista rispetto al tema trattato nello spettacolo, di cui sono i destinatari ma ancor prima gli autori.
Le discussioni, i testi scritti e i disegni che hanno realizzato sono diventati il materiale privilegiato da cui avviare il processo di scrittura dello spettacolo.

IL DEBUTTO AL TEATRO LE MASCHERE di Roma

Il lavoro nelle classi prima e dopo la visione

7 scuole

25 classi

464 ragazzi

53 insegnanti

50 incontri

Durante il debutto romano, a febbraio 2010, circa 464 ragazzi hanno visto “Incubi” e sono stati accompagnati alla visione attraverso incontri prima e dopo lo spettacolo.
Il primo incontro a scuola, dopo un’introduzione sulle esperienze pregresse da spettatori e sul senso dell’andare a teatro, si è concentrato su tutte le possibili informazioni a nostra disposizione: il titolo, l’immagine della locandina, per poi arrivare, attraverso l’esplorazione del linguaggio non verbale del corpo, ad una discussione sulle diverse possibilità comunicative del teatro.
Il ritorno nelle classi, dopo la visione, è stata un’ulteriore tappa di questo percorso necessaria per capire quanto lo spettacolo riuscisse a parlare davvero degli adolescenti e agli adolescenti. Tutte le osservazioni e le perplessità, immediate e sincere, dei ragazzi sono state accolte dal gruppo di lavoro e sono diventate lo spunto per ulteriori riflessioni in un percorso in divenire che continua a nutrirsi di un fertile e necessario incontro con il pubblico.


spettacolo per adulti e bambini dagli 11 anni
durata 60 minuti
spettacolo con testo

spazio completamente oscurato con graticcia

spazio scenico
larghezza 7,50 mt – profondità 7 mt
pendenza del palcoscenico 0% (se fosse presente anche una minima pendenza comunicarlo al responsabile tecnico)
inquadratura nera + fondale nero, quinte lato sn palco passanti

impianto luci
a carico del teatro
16 PC 1000w/500w
4 sagomatori (F.S. zoom etc + 1 iride)
1 domino
1 strobo – DMX
24 canali dimmer
1 mixer luci con sub-master
1 macchina del fumo

a carico della compagnia
1 wood
2 par 36

impianto audio
a carico del teatro
impianto audio di potenza corrispettiva all’ampiezza della sala
mixer 4 canali
lettore cd
monitor palco

tempo di montaggio
5 ore
tecnico a disposizione per il montaggio a carico del teatro

tempo di smontaggio
3 ore

Simone Nebbia, Incubi del Teatro delle Apparizioni, Teatro e Critica, febbraio 2010

Gli incubi sono sogni al contrario. Sono presenze oscure di una notte da rendere meno buia. La notte è una cellula che accoglie a distogliere, chiama nel suo tessuto come in un sentiero fra i rami degli alberi, come quei fumetti di rami ondulanti che sembrano tante mani ad afferrare, così l’incubo si prende i sentieri della notte, dall’alto come mani ossute e grinzose. Dietro questo sentimento, gli Incubi. L’età dell’incertezza di Fabrizio Pallara, regista del Teatro delle Apparizioni, in scena per le presenze di ottimo effetto di Paola Calogero, Valerio Malorni, Maria Zamponi.

L’indagine di Fabrizio Pallara nasce dall’ascolto dei racconti postumi dei sogni di alcuni bambini, una ricerca in audioregistrazione, della loro percezione del giorno dopo; ne nasce uno spettacolo sulla paura, ma anche sulla distrazione nostra, ancora lontana per l’attenzione invece estrema e lineare dei loro racconti: questi bambini hanno perfettamente chiaro di cosa si stia parlando, l’elemento figurale è quasi di troppo, ma è teatro e tanto serve, pertanto ci sono maschere che non hanno contatto col volto, tre letti, tre risvegli improvvisi, mentre la qualità sonora fa emergere una tempesta fuori; questo soltanto un esempio della qualità polifonica e polisemica di questo lavoro, che si serve di elementi intellegibili soltanto perché ha bisogno di tradurre, e lo fa con il massimo della sincerità. Attorno a tutto però, da non dimenticare, c’è il tracciato del perimetro della paura, da cui non si può uscire, il sibilante freddo sudore della notte, il cubo di Rubik dei nostri percorsi dell’inconscio. Poi un valore appartiene di sicuro alla musica, la cui sensibilità disegna atmosfere che lasciano legami emozionali forti, a corroborare le immagini del miglior cinema muto, esplicitamente chapliniano e non per caso: il suo cinema sapeva davvero tradurre concetti per ogni percezione, accogliente per ogni accesso: una risata, una lacrima. Diceva spesso di sè. E tanto serviva, forse, per far passare il buio di quella notte.

Il Teatro delle Apparizioni dunque convince per questa qualità espressiva, non didascalica e decisamente evocativa: è bello il teatro intelligente, quando evoca e insieme disegna in uno sfondo velato la stessa membrana del sogno. Infine si cresce e si diventa grandi, si riesce cioè finalmente a guardare in faccia quella paura. È proprio questo a piacere, una semplicità che affonda nell’intimità e non propone nulla di banale per parlare d’infanzia, di bambini, ma con qualità deduce l’essenziale e non si fida della superficie di questa loro – e anche un po’ nostra – piccola intera vita.

Graziano Graziani, Incubi e apparizioni, Carta n°7/2010

Sono incubi piuttosto reali quelli al centro dell’ultimo spettacolo del Teatro delle Apparizioni, di recente in scena al Teatro le Maschere di Roma. Perché, prima di immergersi nella creazione di questa piéce dedicata specificatamente ai preadadolescenti – la visione è sconsigliata dai 10 anni in giù – la compagnia romana ha condotto una serie di interviste tra gli studenti undicenni, chiedendo loro di parlare delle proprie paure. E a partire dal sospiro sincopato di spavento che apre lo spettacolo, sulla scena appaiono, meglio, affiorano dal buio, le immagini di queste paure, la solitudine, l’incontro con l’amore, la paura della perdita dei genitori e quella di diventare grandi e di non essere accettati per quello che si è, montante in una sequenza realizzata con grande maestria, tutta giocata più che su una connessione logica – che pure c’è e segue un percorso di crescita piuttosto riconoscibile – sul ritmo, su una sorta di danza visiva che i tre perfomer – Paola Calogero, Valerio Malorni, Maria Zamponi – eseguono mescolando senza alcun attrito sensazioni di angoscia a momenti di estrema dolcezza. Il verso dei grilli che apre lo spettacolo evoca una notte tranquilla, eco forse di un’infanzia che, senza ancora saperlo, è alle soglie della sua fine. Su tre letti paralleli dormono tre due ragazze e un ragazzo che di colpo, lacerando l’atmosfera serena, si svegliano spaventati e rivelano volti attoniti e muti, quelli di tre fantocci bianchi. La regia di Fabrizio Pallara ridisegna costantemente lo spazio attraverso l’uso di pannelli trasparenti e rigidi che vanno a formare ora mura, ora superfici, che danno forma ad ambienti diversi per diverse angosce; la materia trasparente dei pannelli, su cui di volta in volta si proietta o si riflette un abile disegno luci, contribuisce a creare la temperatura delle atmosfere che si rincorrono nello spettacolo. Tra le immagini più belle l’angosciosa ricerca della madre da parte di una bambina spaventata, accompagnata solo dalla luce tremolante di una candela; e quella che allude alla masturbazione, dove un ragazzo seduto da solo, in disparte, suona uno strumento mentre dietro di lui, rese evanescenti dalla luce blu e dall’opacità dei pannelli, si incrociano figure femminili nude, sinuose, come sirene che giocano al ritmo dello sciabordio del mare. Alla fine dello spettacolo, come a evocare una crescita, appaiono nuovamente i tre fantocci, non più bianchi ma colorati.

«Incubi» è figlio di un percorso che il Teatro delle Apparizioni – che ha esordito come compagnia di teatro sensoriale – ha imboccato con coscienza e convinzione verso il teatro ragazzi, in base all’idea che la scena dedicata ai più giovani possa essere un vero terreno di ricerca e sperimentazione (e quindi di creazione di un pubblico nuovo), e non l’ambito dove applicare formule scontate di intrattenimento. Non a caso l’uso dei pannelli e l’andamento a quadri, onirico, ricorda uno spettacolo che la compagnia portò in scena nel 2005, «Gli occhi di Andersen», lavoro cerniera del loro passaggio al teatro infanzia, che nasceva per adulti ma gettava le basi per una poetica dello stupore che ancora oggi è la spina dorsale dell’estetica della compagnia e il vero trait d’union tra la sua storia recente e il periodo degli esordi.

Con «Incubi» il Teatro delle Apparizioni (che comunque prosegue la propria attività anche nel teatro di ricerca tout court) opera un salto interessante, costruendo una drammaturgia a partire dalle interviste agli studenti delle scuole medie, scrivendola per così dire assieme al pubblico cui è destinata. Una formula che ha portato a scelte coraggiose, come mettere in scena in uno spettacolo per preadolescenti i temi dell’abuso di droghe e alcool. E se teniamo conto che «Incubi» è andato in scena principalmente in matinée, per un pubblico di scolaresche, in un teatro interamente dedicato all’infanzia, la radicalità dell’operazione si fa evidente. La risposta del pubblico dei ragazzi, attento e coinvolto, ci parla di una scommessa vinta che speriamo possa gettare qualche germe d’interesse futuro per il teatro che, quando è arte viva e non precofezionata, è ancora in grado di stupire e coinvolgere.

Giulia Belardelli, “Incubi” al Teatro Le Maschere – In scena le paure degli adolescenti, LaRepubblica.it, febbraio 2010

Tutto comincia in una notte serena, il verso dei grilli in sottofondo. Sul palco due ragazze e un ragazzo dormono nei loro letti. A un certo punto si sollevano di scatto: è l’inizio dell’incubo, di un viaggio attraverso le loro paure più intime. “Incubi. L’età dell’incertezza” non è soltanto uno spettacolo teatrale, ma il frutto di una ricerca condotta a tu per tu con gli studenti di alcune scuole medie che hanno raccontato senza timore e con generosità le loro paure più profonde. In scena fino al 3 marzo al Teatro Le Maschere, “Incubi” è una coproduzione tra il Teatro Le Maschere e la compagnia Teatro delle Apparizioni, fondata nel 1999 dal regista Fabrizio Pallara. Con una scenografia minimale e un uno sapiente di luci e musiche, il regista costruisce un percorso fatto di sogni, paure, ansie ed emozioni, facendo rivivere l’universo emotivo di un’età su cui non si finisce mai di indagare. Ma quali sono questi incubi che turbano il sonno dei tre protagonisti? Tanto per cominciare la paura di crescere, di non essere all’altezza, di non riuscire a esprimere le proprie emozioni. Poi c’è il rapporto difficile con i genitori, a volte troppo assenti, altre troppo presenti. O ancora l’ansia per gli insuccessi scolastici, la pagella che parla di “scarse capacità di attenzione”, lo stridere del gesso su una lavagna nera. Tra gli incubi più ricorrenti anche la morte, la malattia, il terrore di perdere i propri cari, e dunque la voglia di tornare bambini e sentirsi protetti nell’abbraccio di una mamma. Slavo poi trovarsi in trappola e cercare risposte, spiegazioni, chiavi di lettura per capire, crescere, imparare. Senza dimenticare l’imbarazzo del primo amore, l’ingannevole seduzione di alcol e droghe, la moda che con i suoi diktat può ridurci a pedine di un circo. E tra tutte queste suggestioni, in un gioco incessante di luci e ombre, si muovono i tre attori – Paola Calogero, Valerio Malorni e Maria Zamponi - ”adolescenti-adulti” ma ancora in grado di parlare con il sé di quegli anni. Le musiche sono di Federico Ferrandina, l’assistente alla regia è Francesco Picciotti.

Come si detto, lo spettacolo nasce da un’inchiesta in alcune scuole romane, condotta dal regista in collaborazione con “Oltrescena – sportello per un uso didattico dello spettacolo” del Teatro Le Maschere, curato da Roberta Ortolano e Sara Ferrari. Gli istituti coinvolti sono le scuole medie superiori di San Benedetto (succursale Via dei Faggi), J. J. Winckelmann, Giuseppe Bagnera e l’Istituto comprensivo di Viale Adriatico. Al progetto ha collaborato anche l’Istituto di Stato per la cinematografia e la televisione Roberto Rossellini. Per le classi che assistono allo spettacolo è previsto un “accompagnamento alla visione” a cura di Oltrescena, con incontri sia prima che dopo la mattinata a teatro.

“Siamo andati nelle scuole perché volevamo creare uno spettacolo che partisse da loro, dai ragazzi”, spiega il regista Fabrizio Pallara, che da anni lavora a spettacoli di ricerca dedicati ai giovani. “All’inizio avevamo paura di trovarci di fronte a un muro: chiedere agli studenti di raccontare le loro paure più intime, di mettersi a nudo con degli sconosciuti, è stata una grande scommessa. Alla fine, però, il risultato è stato incredibile: ci hanno dato tantissimo, c’è stato un vero e proprio scambio”.

Per gli studenti, infatti, si è trattato di un viaggio al centro del teatro, a partire da alcune domande semplici ma fondamentali: “Che cos’è per voi il teatro?”, e ancora, “Come funziona secondo voi uno spettacolo teatrale?”. Dalle risposte dei ragazzi si è arrivati a definire il concetto di “copione” e il “processo di creazione di uno spettacolo”. Alla notizia che, in questo caso, il copione lo avrebbero scelto loro, la reazione è stata di intensa partecipazione. “Si sono messi subito in gioco raccontandoci i loro incubi con una libertà e una lucidità che non ci saremmo mai aspettati,”, spiega Pallara. “Dall’inchiesta è emerso che, a quell’età, uno dei timori più grandi è di non essere ascoltati. Noi, invece, eravamo lì proprio per questo: ascoltare quello che avevano da dire. Una volta che l’hanno capito, il copione è venuto fori da solo”.

E lo spettacolo, in cambio, si offre a loro come un’esperienza a 360 gradi, in cui paura, ironia, ansia e sorrisi si alternano in un ritmo sincopato, forte come la musica rock e sottile come il suono di uno strumento antico. Al mattino le rappresentazioni sono dedicate alle scuole, mentre il 26, il 27 e il 28 febbraio le porte del teatro saranno aperte a tutti (per gli orari è possibile visitare il sito internet). “E’ uno spettacolo che parla sia ai figli che ai genitori”, spiega ancora il regista. “Fare teatro per ragazzi è una scelta poetica: è teatro di ricerca, è sperimentazione. Sono loro che ci insegnano a parlare con i grandi, troppo spesso assuefatti e incapaci di ascoltare”. Ma c’è dell’altro, continua Pallara. “Il teatro va incontro a una esigenza essenziale degli adolescenti: la loro avidità di esperienze, la voglia di avventurarsi in luoghi sconosciuti. E lo spettacolo fa anche questo: li accompagna in una parte del bosco, nei meandri della loro psiche, aiutandoli a guardare negli occhi le loro stesse paure”.

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